रुद्र

rudra

da Enciclopedia delle religioni vol. 9, Induismo, a cura di Mircea Eliade, Jaca Book
articolo di SUKUMARI BHATTACHARJI

RUDRA è un dio vedico, precursore della grande divinità induista śiva. Il nome rudra deriva dalla radice verbale rud («ululare, ruggire»), dalla quale prende l’epiteto di «urlatore». La radice rud significa anche «ros- so» (come l’inglese ruddy); tutto ciò suggerisce che la prima idea della divinità sia stata ispirata dalle nuvole rosse di tempesta o dal rumore del tuono. rudra non ha correlativi nelle altre mitologie indoeuropee.

Alcuni studiosi credono che il primo prototipo di rudra possa essere fatto risalire a un sigillo della Valle dell’lndo nel quale sono raffigurati quattro animali che circondano una figura seduta. Questo sigillo e alcuni testi vedici indicano un legame tra rudra e gli animali. Come Signore degli animali (paśupati), egli è sia il loro protettore sia il loro distruttore, ambivalenza comune in molte mitologie. L’animale associato più frequentemente a rudra è il toro, simbolo di pioggia e fertilità. Tipicamente, la figura del sigillo della Valle dell’Indo è seduta in una postura che sarà associata successivamente alla meditazione yogica, portando qualcuno a postulare un’origine non aria del suo ruolo postvedico di asceta mendicante par excellence.

La consorte di rudrapṛśni, il cui nome indica una borsa di pelle per l’acqua, chiaramente un riferimento alla pioggia. Questa associazione è rafforzata dai riferimenti che il ṛgveda fa a rudra come apportatore di pioggia fecondatrice. rudra è invocato in soli quattro inni del ṛgveda, sebbene compaia anche nelle saṃhitā successive e nei brāhmaṇa. Gli inni ṛgvedici lo descrivono come un dio ben vestito alla guida di un cocchio, con arco e frecce. Questi inni cercano di allontanare la collera di un dio terrificante e distruttivo che scaglia le sue frecce letali alla cieca su uomini e bestie. Oltre agli dei del vento, vāyu-vātāḥ, nei veda vengono associati a rudra anche i rudra e i marut, che si spartiscono rispettivamente i tratti benevoli e quelli ctonii. Pare che la parola marut, derivata dalla radice mṛ («morire»), significhi spirito di un morto. Il culto stesso di rudra conferma la sua connessione a yama, il dio della morte, agli spiriti dei morti e alla dea nera nirṛti. Le oblazioni che gli sono riservate nonché il luogo e la modalità dell’offerta sono caratteristici di una divinità ctonia. La consorte di rudra in epoca successiva è rudrāṇī, o mīḍhuṣī.

Quest’ultima, come pṛśni, rappresenta la funzione di rudra come «elargitore di pioggia», e lo collega indirettamente alla fertilità, elemento che risale al periodo della Valle dell’Indo. Ciò spiega forse l’adorazione di rudra nel simbolo fallico, che rimpiazzò successivamente la sua raffigurazione antropomorfica in modo pressoché totale.

Nella letteratura vedica, rudra è connesso intimamente ad agni e a soma. Infatti, nel suo potere, nel suo fulgore e nella sua capacità distruttiva è quasi un alter ego di agni. Come soma, egli risiede sulla cima di una montagna, sul Monte Mūjavat in particolare, il rifugio di soma nella letteratura tarda. Ma dallo Yajurveda in avanti ha inizio un sincretismo nel quale il rudra ṛgvedico si unisce ad altri dei di origini evidentemente indigene, riflettendo la fusione delle popolazioni arie e non arie. In quel testo, rudra è invocato come il dio dei ladri, dei rapinatori, dei vagabondi notturni e dei truffatori. Le sue caratteristiche benigne persistono, ma appaiono ora tratti oscuri e malvagi, e il suo carattere ctonio è da qui in avanti affermato. Nella letteratura vedica tarda, rudra assume nuovi nomi, come bhava, śarva, mahādeva, e śiva. Alcune di queste figure sono chiaramente di origine regionale, mentre altre sono ancora imprecisate ma potrebbero essere dei indigeni di origine non vedica. Sia lo Yajurveda sia i brāhmaṇa testimoniano l’evoluzione dell’unione sincretica di rudra con altri dei sino alla fusione finale con śiva; il suo successore mitologico. Il complesso «rudra-śiva» è per questo motivo spesso usato dagli studiosi della tradizione per designare la fusione mitologica e cultuale di śiva con il suo precursore vedico.

In seguito al sincretismo piuttosto antico con altre divinità indigene regionali o tribali, rudra diventa un conglomerato di tratti diversi. La sua evidente ambivalenza nei confronti del sacrificio lo testimonia. Nel ciclo mitologico śivaita successivo, rudra è abbandonato dal sacrificio o gli è negata una parte in quello a dakṣa. Infuriato, egli distrugge il sacrificio, uccidendo gli uomini e ingiuriando gli dei. Questi tratti antivedici continuano a moltiplicarsi fino a portare il dio rgvedico che garantiva beni, perdonava i peccati e benediceva i suoi devoti ad assumere una personalità doppia che combina tratti benevoli e malevoli.