Grammatica sanscrita

fonetica



IV. - Saṁdhi esterno - vocali

16- Definizione. - Nel discorso continuo si verificano alterazioni, per motivi di eufonia, nella pronuncia delle parole. Questo fenomeno, limitato in italiano a pochi casi di legature, contrazioni ed elisioni, è di notevole importanza in sanscrito, e lo spirito analitico dei grammatici indiani ha provveduto ad una completa sistematizzazione del trattamento fonetico delle sillabe terminali e iniziali delle parole messe in contatto. Così, spinto all’estremo delle sue conseguenze, il saṁdhi (“giunzione”) trasforma le frasi sanscrite in tanti rebus e va da sé che chi usa la lingua come strumento di comunicazione orale cerca di ridurre al minimo il saṁdhi (moltiplicando le pause, per esempio). Allo stesso modo, alcune pubblicazioni moderne (giornali, riviste) a volte arrivano a ignorare il saṁdhi; ma i testi classici sono tutti redatti secondo gli standard tradizionali, ed è quindi necessario conoscerli.

La tabella dei sandhi è stata allestita dal Prof. Giotto Canevascini

vocali finali               vocali
iniziali
-a/-ā -i/-ī -u/-ū -ṛ -e -ai -o -au  
-ā- -y -v -r -e ( ̒-) -ā -o ( ̒-) -āv a-
-ā- -y -v -r -a -ā -a -āv ā-
-e- -ī- -v -r -a -ā -a -āv i-
-e- -ī- -v -r -a -ā -a -āv ī-
-o- -y -ū- -r -a -ā -a -āv u-
-o- -y -ū- -r -a -ā -a -āv ū-
-ar- -y -v -ṝ- -a -ā -a -āv ṛ-
-ai- -y -v -r -a -ā -a -āv e-
-ai- -y -v -r -a -ā -a -āv ai-
-au- -y -v -r -a -ā -a -āv o-
-au- -y -v -r -a -ā -a -āv au-


17- Saṁdhi delle vocali. - Si parla di saṁdhi vocalico quando una parola che termina con una vocale entra in contatto con una parola che inizia anch’essa con una vocale. Possono quindi presentarsi diverse possibilità:
a) Incontro di due vocali di identico timbro: si fondono nella corrispondente vocale lunga.
Abbiamo l’equazione: ā (lunga o breve) + ā (lunga o breve) dà ā (lunga); e in modo simile per i, u, ṛ, ḷ. Esempi: atra + asti si pronuncia e si scrive, secondo Pāṇini, atrāsti (“lui è qui”); devī + iva > devīva (“come una dea”); madhu + utsarati > madhūtsarati (“il miele sgorga”).

18- b) Incontro di una a, breve o lunga, con una vocale breve o lunga diversa da se stessa: c’è un passaggio al dittongo corrispondente. Vale a dire, secondo quanto detto al punto 5, abbiamo le seguenti equazioni: a/ā + i/ī = e; a/ā + u/ū = o; “ a/ā + ṛ/ṝ = ar; a/ā + ḷ = al. Esempi: rājā + iva diventa rājeva (“come un re”); + uvāca > sovāca (“ha detto”).

19- c) Incontro di un a, corta o lunga, con un dittongo: c’è un passaggio allo stato “aumentato” (vṛddhi) del detto dittongo. Vale a dire che (secondo 38) e diventa ai, o diventa au, ar diventa ār, al diventa āl. Esempi: kva + eti > kvaiti (“dove va?”), + oṣadhis > sauṣadhiḥ (“questa pianta”; secondo 15).

20- d) Le vocali che lo possono fare, assumono un aspetto consonantico quando sono a contatto con un dittongo o con una vocale diversa da loro. Questo concerne quindi i/ī, u/ū, ṛ/ṝ, ḷ che si trasformano in y, v, r, l. Esempi: iti + uktam > ityuktam (“così si diceva”); rājā + tu + abravīt > rājā tvabravīt (“il re poi dichiarò”).

21- e) Quando i dittonghi e e o sono in contatto con un qualsiasi dittongo, o con una qualsiasi vocale diversa da una a breve, si trasformano in una a breve. Così abbiamo le equazioni e + e= ae; e + o= ao; e + ā = ; e + i/ī = ai/ī; e + u/ū = au/ū; e + ṛ/ṝ = ar/ṛ; e + = aḷ ; la medesima cosa con o. Esempi: te + āhur diventa ta āhuḥ (“hanno detto”; secondo 15); devo + iva > deva iva (“come un dio”); prabho + ehi > prabha ehi (“vieni Signore”): asti + vane + ṛṣis > asti vana ṛṣih (“c’è un uomo saggio nella foresta”).

f ) Quando i dittonghi e e o sono in contatto con una a breve, questa è elidata, vane + avasat > vane ‘vasāt (“viveva nella foresta”); puruso +atra + asti > puruso ‘trāsti (“l’uomo è qui”; atra + asti, secondo 17 a).

g) I dittonghi “aumentati” (vṛddhi) ai e au sono modificati a contatto con qualsiasi vocale o dittongo, come segue: ai diventa ā, au diventa āv. Esempi: tasmai + āha > tasmā āha (“lui le dice”); tau + eva > tāv eva (“quei due”).

22- Nota. - Ci sono alcune vocali desinenziali che non vengono mai processate in saṁdhi: sono le ī, ū, e, nom. e acc. duali. Es. girī etau ("queste due montagne"): no saṁdhi. Se poi troviamo in un testo aśve iva vediamo che è duale perché non c'è saṁdhi; il significato è quindi: "come due giumente" (aśve, secondo 95), perché se aśve era loc. m. sg. (97) il saṁdhi sarebbe: aśve + iva ("come a cavallo") e si trasformerebbe in aśva iva, secondo il 21 c).









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