Grammatica sanscrita

il verbo


VI. - Le coniugazioni derivate

1- Generalità
2- Il passivo
3- L’intensivo
4- Il desiderativo
5- Il causativo
6- Il denominativo



151- Generalità. - Oltre ai sistemi del presente, del futuro, dell’aoristico e del perfetto, il sanscrito utilizza altre formazioni in cui il significato della radice è modificato e che quindi costituiscono altrettanti verbi diversi, ma tutti derivati dalla stessa radice, da cui il nome di coniugazioni “derivate” dato a queste formazioni. Esempio: il significato di “fare” si ritrova al presente, futuro, aoristo, al perfetto di KṚ-, ma “essere fatto” costituisce un verbo nuovo che può essere espresso nel presente, futuro, aoristo, ecc.: è il passivo. Allo stesso modo “far fare” (causativo), “desiderare di fare” (desiderativo), “fare intensamente” (intensivo). Ogni volta si tratta di una nuova coniugazione teoricamente in grado di includere tutti i tempi e tutte le modalità conosciute in sanscrito.

152- Il passivo utilizza un radicale bāti direttamente sulla radice al grado zero seguito da un affisso -ya- ; coniugata esclusivamente al medio, questa formazione tematica (quindi priva di alternanza) è, nel classico, utilizzata principalmente al presente, all’imperfetto, all’ottativo, all’imperativo. Ecco alcuni esempi della 3ª singolare; UC-ya-te ( presente passivo di VAC- “parlare, dire”), a-GṚH-ya-ta (passivo imperfetto di GṚH- “prendere”), bhūyeta (ottativo passivo de BHŪ- “diventare”: BHŪ+ya+ ī+ ta), BADH- ya-tām (imperativo passivo di BANDH “legare”). Nel futuro, all’aorista, al perfetto, il passivo (raramente usato) è sostituito dal medio: cakre, a seconda del contesto, significa “fu fatto a proprio vantaggio” (perfetto medio) o “fu fatto” (perfetto passivo). All’aoristo, una nuova desinenza di 3ª sg. in sottolinea il valore passivo della forma: DṚŚ- “vedere” ha un aorista attivo raddoppiato adidṛśat “vide” e un aoristo passivo adarśi “fu visto”.

153- L’intensivo, di uso molto limitato, è un’altra formazione tematica che utilizza il suffisso -ya- e la radice al grado zero ma, qui, è preceduta da un raddoppio che è al grado pieno: bo-BHŪ-ya-te “diventa intensamente”. Teoricamente, tutti i tempi e tutte le modalità sono possibili (imperf. aboBHŪyata; ottativo boBHŪyeta, ecc.). Abbiamo notato che queste forme hanno l’aspetto di un passivo: il vero significato deve essere qualcosa come “subisce intensamente un divenire”. Per evitare equivoci e per insistere su un valore attivo, si può costruire l’intensivo su un radicale senza l’affisso -ya-, poi si prende la radice al massimo grado e si usano le desinenze primarie: bo-BHO-ti (presente), boBHŪyāt (ottativo), ecc.

154- Desiderativo (meglio attestato, soprattutto al presente) è una formazione tematica che utilizza un affisso -sa- (a volte -iṣa-); la radice è più spesso al grado zero; viene raddoppiata, essendo il vocalismo della ripetizione di timbro -i- (tranne nel caso delle radici in -u/ū- dove la ripetizione è anche in -u-). pi-PĀ-sa-ti “desidera bere” (da PĀ-); a-bu-BHŪ-ṣa-t “desiderava diventare”; ji- JIV-iṣa-ta “desiderate vivere! (imperativo attivo 2ª pl. del desiderativo di JIV- “vivere”), ecc. Ci sono alcune anomalie, la più nota è mokṣate “desidera essere liberato” (desiderativo con valore passivo” su radicale non raddoppiato) di MUC- “liberare”.

155- Il causativo è la coniugazione derivata più vivace del classico. Si tratta di una formazione tematica che utilizza l’affisso -aya- (in realtà : ay + vocale tematica) attaccata alla radice al grado pieno VART-aya-ti “fa girare” (da VṚT- “girare”); quando la radice al grado pieno ha una -a- seguita da una singola consonante, questa -a- viene allungata PĀT-aya-ti “fa cadere” (da PAT- “cadere”) e questo anche se la -a- è inautentica NĀY-aya-ti “fa condurre” (dove nay- è messo per ne- non per nai-, cfr. 32 c), da NĪ- “condurre”. Le radici che terminano con un -ā- inseriscono una -p- tra questo -ā- e l’affisso: JÑĀ-p-aya-ti “fa conoscere” (da JÑĀ- “conoscere”). Tutti i tempi e le modalità sono possibili; quindi, da BHŪ-: bhāvayati (presente attivo), bhāvayeta (ottativo medio), bhāvayisyati (futuro attivo), bhāvayām āse (perfetto perifrastico medio), bhāvayant- ( partiocipio presente attivo), bhāvayiṣyamāna (participio futuro medio), ecc. </font>


156- Il denominativo è una formazione tematica originale che consiste nell’ottenere un verbo, non da una radice, ma da un nome il cui radicale di base (cioè senza suffisso) è dotato di un affisso -aya- (o -āya-; a volte -īya-). Esempi: da artha- “scopo, proposito”, si può avere un presente medio arth-aya-te “si augura” (da notare che artha- è trattato come una pseudo-radice *arth- dotata di un suffisso -a-); similmente putrīyati “desidera un figlio” (da putra- “figlio”; stessa osservazione); similmente ancora sukhāyate “egli prova felicità” (da sukha- “felicità”). Anche i denominativo sono suscettibili di fornire una coniugazione completa, ma questo è solo teorico: solo il presente e l’imperfetto sono attestati.










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