parjanya

glossario

Published: May 20, 2020 by

Nel tradurre il taittirīya brāhmaṇa 3.10.8 mi sono chiesto il perché parjanya (la nuvola di pioggia) al verso 46 viene associato alla testa. Che sia perché la pioggia cadendo dalla nuvola cade prima sulla testa? :-)))

Nell’approfondire, ho trovato diversi riferimenti a parjanya e ho cercato di rispondere al mio quesito.

Scrive il Sani nel glossario al suo ṛgveda, Marsilio, p. 312: “È la personificazione della nube. Talvolta è rappresentato come un toro e paragonato a Indra. La sua principale caratteristica è quella di far piovere e rendere la terra feconda. Per questo qualche volta è anche definito marito della terra. Vola per il cielo con il suo carro fatto d’acqua e spalanca l’otre che contiene la pioggia. Forma il germe della vita nelle vacche, nelle piante, negli uomini e nelle donne; concede buona salute, fa crescere le piante salutari e genera il grano e il cibo per le offerte sacrificali. Nel ṛgveda è invocato in soli tre inni.”

Ritroviamo però parjanya anche nell’atharvaveda, nella bṛhadāraṇyakopaniṣad come pure nella chāndogyopaniṣad.

Da questi inni (consultabili nel ṛgveda di Sani, Marsilio e nel Meridiano Mondadori, Hinduismo antico) ne esce un parjanya guerriero (bṛhadāraṇyakopaniṣad), che feconda (ṛgveda). “Ruggisci, tuona, suscita il serbatoio delle acque”, canta l’atharvaveda. “Il potente” lo definisce il ṛgveda, paragonandolo a un “toro che versa rapide gocce e deposita il suo seme come germe nelle piante”.

Nell’inno della taittirīya brāhmaṇa (3.10.8) , troviamo altri due versi che possono racchiudere queste caratteristiche di parjanya: quello dedicato a indra, associato alla forza: indro me bale śritaḥ| e all’acqua associato al fluido seminale: āpo me retasi śritāḥ |.

A parjanya rimane quello del comando, quello del potere

parjanyo me mūrdhni śritaḥ |, comando e potere associati alla testa …

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van- , vb. cl. 1, piacere, amare, sperare, desiderare; ottenere, acquisire; conquistare, vincere;

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“Generalmente la centralità nei templi dedicati al Dio spetta al liṅga. Esiste una molteplicità di liṅga. Rappresentazione della potenza allo stato puro prima e nonostante la manifestazione, il liṅga è l’emblema per eccellenza di śiva, esso rappresenta parzialmente l’energia sessuale e la procreazione, ma è soprattutto potenza distruttrice: se il liṅga, a causa di una maledizione, si stacca dal corpo di śiva e cade a terra l’universo si spegne o comincia bruciare ogni cosa, finché non viene posta nella yoni di parvatī ove la sua forza distruttrice si placa; la yoni rappresenta la base su cui il liṅga è istallato, simbolo della śakti con la quale il Dio è perennemente unito. Nei pancamukha-liṅga (liṅga con cinque volti) ci sono in realtà quattro volti, il quinto è il liṅga come forma trascendente di śiva. Nei sancta sanctorum dei templi i la mūrti che si incontra più frequentemente non è una vera e propria mūrti, bensì il liṅga che prima di essere un oggetto concreto di culto è il segno di una Realtà sottile che permea tutte le cose: “il liṅga è nel fuoco per coloro che si dedicano ai riti, nell’acqua, nel cielo, nel sole per gli uomini saggi, nel legno e in altri materiali solo per gli sciocchi; ma per gli yogin è nel proprio cuore. (īśvara-gītā, Il Canto del Signore [śiva]). Gli śivaliṅga sono infiniti, dice lo śiva-purāṇa, e l’intero universo è fatto di liṅga giacché tutto è forma di śiva e null’altro esiste realmente; il liṅga in altre parole è il brahman (īśvra-gītā 10, 1 e 3).”