Published: May 22, 2020 by
Oggi condivido un post di Diego Manzi, che propone un estratto del suo libro “Incanto, le divinità dell’India.”
“Dietro l’iconografia di Sarasvatī sono sottesi svariati e profondi significati. La base di loto sulla quale è seduta indica che la dea è fermamente stabilita nella suprema realtà e nell’unica verità. Il loto che reca nella mano superiore destra indica il fine supremo dell’uomo, ossia la realizzazione del sé, il quale può essere raggiunto, in buona sostanza, per mezzo di due sentieri: quello devozionale (bhakti-yoga), imperniato sulla musica (bhajana e kīrtana), e quello della conoscenza (jñāna-yoga), imperniato sullo studio delle sacre scritture. Entrambi i sentieri, in definitiva, sono rammentati dagli altri due attributi di Sarasvatī, la vīṇā e il Veda, che essa reca, rispettivamente, fra la mano inferiore destra e la superiore sinistra e la mano inferiore destra. Ma vi sono anche altre possibili interpretazioni. Come si diceva, nella mano inferiore sinistra Sarasvatī reca un libro, il quale potrebbe rappresentare l’area delle scienze secolari; mentre la mano inferiore destra e la superiore sinistra recano la vīṇā, quasi a simboleggiare che le scienze meramente intellettuali sono aride ed austere senza i sentimenti e le emozioni mosse dalla musica e, in generale, dalle arti. Ciononostante, la mālā che reca nella mano superiore destra, invero, parrebbe suggellare la superiorità della meditazione e dello yoga sulle scienze secolari e, in definitiva, duali.”
(Incanto, le divinità dell’India, Le Lettere)