Published: Jun 3, 2020 by
condivido volentieri un interessante post del prof. Marcello Meli riguardante la traduzione dal sanscrito. È pubblicato nel gruppo Facebook “Impariamo il sanscrito”
“Col sanscrito bisogna stare attenti, perché spesso si confonde traduzione e comprensione del testo con l’interpretazione più o meno peregrina. Nello Shatapatha si legge anAtmakA devAh. A qualcuno potrebbe venire in mente di tradurre “gli dèi sono privi di Atman” e inventare chissà che cosa. Il fatto è Atman può significare “corpo”. Qui, si dice che gli dèi sono incorporei “gli dèi sono privi di corpo”. Questo significato è rimasto anche nel sanscrito classico. L’aggettivo Atmaka in fine di composto significa “sostanza materiale, sicché se io dico jalAtmakaM retaH voglio dire che la sostanza materiale dello sperma è l’acqua. Anche la traduzione Sé lascia parecchio a desiderare. Innanzitutto si è imposta nella seconda metà dell’ottocento, in secondo luogo in sanscrito Atman non significa affatto sé, ma ha la funzione dell’italiano “si”. AtmAnaM marjate non significa “lava o purifica il sé” ma semplicemente “lava se stesso”. Si può sostenere che Atman sia passato dall’indicare il corpo alla unità del medesimo in confronto alle membra.”