Veda

veda

Published: Jul 9, 2020 by

Si può trarre beneficio e comprensione dai veda unicamente attraverso le traduzioni?

O dalla mera lettura in sanscrito rispettando la metrica ma non le svara?

I veda sono considerati dalla tradizione śabdabrahman, il brahmansonoro.

Sono suono!

Il suono del “canto” vedico ci è pervenuto attraverso i millenni, senza subire mutamenti. I testi sono stati sottoposti a severe regole di memorizzazione e recitazione. Malgrado la trascrizione in forma devanāgarica svaraiḥ, i cui limiti sono evidenti (non c’è scrittura che possa restituire i suoni vedici - per questo coloro che li hanno scritti rischiano l’inferno), la tradizione orale è rimasta intatta.

Io non credo sia molto proficua la sola lettura in traduzione o la lettura sanscrita senza recitazione, anche seguendo la metrica.

Dov’è qui il suono? Dov’è qui l’essenza dei veda?

Spingendomi oltre, in accordo con la tradizione, sarebbe più proficua la sola recitazione corretta o il mero ascolto, anche senza la comprensione del significato …

A questo proposito cito i diversi modi di recitare un mantra che vanno a trascendere il significato.

Ad es. il ghana pāṭhaḥ. Le parole dell’inno vengono mescolate secondo una regola codificata fino ad annullare il significato “apparente” del verso stesso … Quello che alla fine conta è solo il suono.

Faccio un esempio conosciuto tratto dal ṛgveda: la gāyatrī.

Ecco il primo verso secondo la saṃhita pāṭhaḥ:

तत्स॑वि॒तुर्वरे॑ण्यं॒ भर्गो॑ दे॒वस्य॑ धीमहि ।

tátsavitúrváreṇyam bhárgo devásya dhīmahi ǀ

e questo il padapāṭha:

tat (1)ǀ savituḥ (2) ǀ vareṇyam (3) ǀ bhargaḥ (4)ǀ devasya (5) ǀ dhīmahi (6) ǀ

Ed ecco il primo verso in ghana pāṭhaḥ. Le parole vengono ripetute secondo questo schema: 1 2 2 1 1 2 3 3 2 1 1 2 3 // 2 3 3 2 2 3 44 3 2 2 3 4 … …

E questo è il risultato:

tat’ savitus’savitus’tat’ tat’ savitur’ vareṇ’yaṁ’ vareṇ’yagm’ savitus’tat’ tat’ savitur’ vareṇ’yam
savitur’ vareṇ’yaṁ’ vareṇ’yagm’ savitus’savitur’ vareṇ’yam’ bhar’go bhar’go varen’yagm’ savitus’savitur’ vareṇ’yam’ bhar’gaḥa

etc.

Nel video trovate la gāyatrī recitata in forma ghana pāṭhaḥ dal massimo esperto, K Suresh. Le immagini sono la traslitterazione RCCS del ghana per facilitare l’apprendimento della recitazione

In conclusione consiglio di diffidare delle innumerevoli registrazioni che si possono trovare in rete.

Da ricordare K Suresh e anche i Challakere Brothers, entrambi un’autorità. Si trovano anche in rete o sui principali store. Per l’apprendimento consiglio vivamente http://www.saiveda.net/bibli/html/samhita.htm, da cui ho tratto le immagini.

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van- , vb. cl. 1, piacere, amare, sperare, desiderare; ottenere, acquisire; conquistare, vincere;

liṅgam
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“Generalmente la centralità nei templi dedicati al Dio spetta al liṅga. Esiste una molteplicità di liṅga. Rappresentazione della potenza allo stato puro prima e nonostante la manifestazione, il liṅga è l’emblema per eccellenza di śiva, esso rappresenta parzialmente l’energia sessuale e la procreazione, ma è soprattutto potenza distruttrice: se il liṅga, a causa di una maledizione, si stacca dal corpo di śiva e cade a terra l’universo si spegne o comincia bruciare ogni cosa, finché non viene posta nella yoni di parvatī ove la sua forza distruttrice si placa; la yoni rappresenta la base su cui il liṅga è istallato, simbolo della śakti con la quale il Dio è perennemente unito. Nei pancamukha-liṅga (liṅga con cinque volti) ci sono in realtà quattro volti, il quinto è il liṅga come forma trascendente di śiva. Nei sancta sanctorum dei templi i la mūrti che si incontra più frequentemente non è una vera e propria mūrti, bensì il liṅga che prima di essere un oggetto concreto di culto è il segno di una Realtà sottile che permea tutte le cose: “il liṅga è nel fuoco per coloro che si dedicano ai riti, nell’acqua, nel cielo, nel sole per gli uomini saggi, nel legno e in altri materiali solo per gli sciocchi; ma per gli yogin è nel proprio cuore. (īśvara-gītā, Il Canto del Signore [śiva]). Gli śivaliṅga sono infiniti, dice lo śiva-purāṇa, e l’intero universo è fatto di liṅga giacché tutto è forma di śiva e null’altro esiste realmente; il liṅga in altre parole è il brahman (īśvra-gītā 10, 1 e 3).”