dūrvā

Published: Sep 13, 2020 by


vānaprastha: è il terzo stadio della vita brahmanica, coincide con il volontario allontanamento del sacerdote dai centri urbani.
āraṇyaka: come aggettivo = nato nella foresta; come sostantivo neutro = N. di una classe di scritti a carattere religioso o filosofico, strettamente connessi con i brāhmaṇa e chiamati āraṇyaka, in quanto composti o studiati nella foresta. (Diz. Sani)
Erano riservati esclusivamente agli anacoreti dediti allo studio e alla meditazione di questi testi nella solitudine delle foreste.

Gli āraṇyaka fanno parte dei veda, della śruti, sono quindi testi rivelati.

Secondo O. Botto (Letterature antiche dell’India, p. 36/37, Vallardi 1969) uno dei motivi per cui gli āraṇyaka vengono affidati agli eremiti, è il pericolo contenuto all’interno di questi scritti, lettura proibita agli apprendisti, incapaci di comprendere le forme mentali presenti all’interno del rito vedico.
“Sono concepite come lettura per gli eremiti del bosco, contengono osservazioni mistiche, come descrizioni di riti importanti, e rappresentano il punto di partenza delle upaniṣad. I riti e i comportamenti di culto descritti negli āraṇyaka erano considerati particolarmente sacri e pericolosi per chi non fosse autorizzato, qualora li compisse troppo presto, perché avrebbe potuto perdere con ciò la casa, la terra e la vita. Per questo il discepolo non veniva istruito nel villaggio ma nella solitudine di un bosco».
(Dizionario della sapienza orientale, Roma, Mediterranee, 1991, pag. 32)

taittirīya āraṇyaka 10-12-3:
na karmaṇā na prajayā dhanena tyāgenaike amṛtatvamānaśuḥ
L’immortalità non si ottiene con le azioni né generando figli né con la ricchezza. Alcuni ottengono quello stato con la rinuncia. (trad. di śri Ramana Maharshi)

Vi propongo un āraṇyaka a me caro, tratto dal taittirīya āraṇyaka 10-1-7 e 8
È un sūktam dedicato a dūrvā, l’erba dūrvā utilizzata nei rituali vedici, che qui assurge a divinità! Si tratta del Cynodon dactylon che possiede anche proprietà medicinali.
A protezione del fuoco sacro l’erba dūrvā viene posta tutt’intorno ad esso affinché nessuna negatività possa penetrare nello yajña. Il tutorial per l’apprendimento: saiveda.net

sahasraparamā devī śatamūlā śatāṅkurā |
sarvam̐ haratu me pāpaṃ dūrvā dussvapnanāśanī |
[dūrvā è] la migliore dei mille (sahasra-paramā), [è] una divinità (devī). Possiede centinaia di radici (śata mūlā) e centinaia di germogli (śata ankurā).
Possa dūrvā distruggere (haratu) tutti (sarva) i miei errori (pāpam) e i brutti (dus) sogni (svapna) di distruzione (nāśanī) (→ incubi)
kāṇḍātkāṇḍātprarohantī paruśaḥparuśaḥ pari |
evā no dūrve pratanu sahasreṇa śatena ca |
Crescente (prarohanti – part. pres. att. - √praruh) abbondantemente (pari) stelo dopo stelo (kāṇḍāt kāṇḍāt, abl.), nodo dopo nodo (paruṣhaḥ paruṣhaḥ).
Oh dūrvā (dūrve) in questo modo (evanaḥ) manifestati (pratanu - √pratan - imp.) in centinaia (śatena) e (ca) migliaia (sahasreṇa)
yā śatena pratanoṣi sahasreṇa virohasi |
tasyāste devīśṭake vidhema haviśā vayam |
Lei che (yā) si manifesta (pratanoṣi - √pratan / pres.) in centinaia (śatena) e migliaia (sahasreṇa) e cresce (virohasī).
Oh dea (devī) carissima (iṣṭake), in questa (tasyāḥ - tad, abl. sing. f.) tua (te) [natura] vorremmo venerarti (vidhema - √vidh- 1a p. pl. ott.) noi tutti (vayam) con delle offerte (haviṣā)
aśvakrānte rathakrānte viṣṇukrānte vasundharā |
śirasā dhārayiśyāmi rakṣasva māṃ padepade |
[Tu sei] la Terra (vasuṃdharā), nella falcata dei cavalli (aśhva-krānte), nell’andatura del carro (ratha-krānte), nei passi di viśṇu (viṣhṇu- krānte). Io ti porterò (dhārayiṣhyāmi - √dhṛ) sulla mia testa (śirasā). Proteggimi (rakṣhasva mām) passo dopo passo (padepade)

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vānaprastha
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van- , vb. cl. 1, piacere, amare, sperare, desiderare; ottenere, acquisire; conquistare, vincere;

liṅgam
liṅgam

“Generalmente la centralità nei templi dedicati al Dio spetta al liṅga. Esiste una molteplicità di liṅga. Rappresentazione della potenza allo stato puro prima e nonostante la manifestazione, il liṅga è l’emblema per eccellenza di śiva, esso rappresenta parzialmente l’energia sessuale e la procreazione, ma è soprattutto potenza distruttrice: se il liṅga, a causa di una maledizione, si stacca dal corpo di śiva e cade a terra l’universo si spegne o comincia bruciare ogni cosa, finché non viene posta nella yoni di parvatī ove la sua forza distruttrice si placa; la yoni rappresenta la base su cui il liṅga è istallato, simbolo della śakti con la quale il Dio è perennemente unito. Nei pancamukha-liṅga (liṅga con cinque volti) ci sono in realtà quattro volti, il quinto è il liṅga come forma trascendente di śiva. Nei sancta sanctorum dei templi i la mūrti che si incontra più frequentemente non è una vera e propria mūrti, bensì il liṅga che prima di essere un oggetto concreto di culto è il segno di una Realtà sottile che permea tutte le cose: “il liṅga è nel fuoco per coloro che si dedicano ai riti, nell’acqua, nel cielo, nel sole per gli uomini saggi, nel legno e in altri materiali solo per gli sciocchi; ma per gli yogin è nel proprio cuore. (īśvara-gītā, Il Canto del Signore [śiva]). Gli śivaliṅga sono infiniti, dice lo śiva-purāṇa, e l’intero universo è fatto di liṅga giacché tutto è forma di śiva e null’altro esiste realmente; il liṅga in altre parole è il brahman (īśvra-gītā 10, 1 e 3).”