Grammatica del sanscrito

Published: Nov 20, 2020 by

Ho terminato la traduzione del “concentrato di sanscrito” di Jean Varenne.

“Grammaire du sanskrit” è stata pubblicata nel 1971 presso le edizioni PUF nella piccola collana divulgativa “que sais-je”. Questi volumetti superano di poco le 100 pagine in un formato già piccolo. La mia traduzione in A4 arriva a una sessantina di pagine.

Dopo un primo successo (PUF parla di 16’000 copie) la Grammaire è ormai fuori catalogo da tempo, superata certamente da altre opere.

Non vuole essere esaustiva questa grammatica. Più che altro è un’utile introduzione e un riassunto delle basi fondamentali del sanscrito classico.

Scrive Varenne nell’introduzione: “Se questo piccolo libro potesse suscitare nuove vocazioni, l’autore avrebbe la sensazione di non aver mancato l’obiettivo che stava perseguendo per scriverlo.”

La traduzione è pubblicata sul mio sito www.sathyasai.com/sanscrito/index/

Questo sito dispone inoltre di un utile tool di ricerca all’interno del sito (prach) per la ricerca di singole parole.

Ho anche pubblicato una versione PDF scaricabile sia della traduzione italiana:

www.sathyasai.com/assets/pdf/Varenne_Grammatica.pdf

che di quella originale francese:

www.sathyasai.com/assets/pdf/Varenne_Grammaire_sanskrite.pdf

(Finalmente posso continuare la trascrizione del Vocabulaire du rituel védique di Renou)

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vānaprastha
vānaprastha

van- , vb. cl. 1, piacere, amare, sperare, desiderare; ottenere, acquisire; conquistare, vincere;

liṅgam
liṅgam

“Generalmente la centralità nei templi dedicati al Dio spetta al liṅga. Esiste una molteplicità di liṅga. Rappresentazione della potenza allo stato puro prima e nonostante la manifestazione, il liṅga è l’emblema per eccellenza di śiva, esso rappresenta parzialmente l’energia sessuale e la procreazione, ma è soprattutto potenza distruttrice: se il liṅga, a causa di una maledizione, si stacca dal corpo di śiva e cade a terra l’universo si spegne o comincia bruciare ogni cosa, finché non viene posta nella yoni di parvatī ove la sua forza distruttrice si placa; la yoni rappresenta la base su cui il liṅga è istallato, simbolo della śakti con la quale il Dio è perennemente unito. Nei pancamukha-liṅga (liṅga con cinque volti) ci sono in realtà quattro volti, il quinto è il liṅga come forma trascendente di śiva. Nei sancta sanctorum dei templi i la mūrti che si incontra più frequentemente non è una vera e propria mūrti, bensì il liṅga che prima di essere un oggetto concreto di culto è il segno di una Realtà sottile che permea tutte le cose: “il liṅga è nel fuoco per coloro che si dedicano ai riti, nell’acqua, nel cielo, nel sole per gli uomini saggi, nel legno e in altri materiali solo per gli sciocchi; ma per gli yogin è nel proprio cuore. (īśvara-gītā, Il Canto del Signore [śiva]). Gli śivaliṅga sono infiniti, dice lo śiva-purāṇa, e l’intero universo è fatto di liṅga giacché tutto è forma di śiva e null’altro esiste realmente; il liṅga in altre parole è il brahman (īśvra-gītā 10, 1 e 3).”