da M.-J. Stutley, Dizionario dell’induismo, Ubaldini
Manas (n.) ‘Mente’ (nel senso più vasto del termine, in riferimento ad ogni facoltà mentale), intelletto, intelligenza , capacità di comprensione, percezione, volontà , ecc. Filosoficamente, il manas è l’organo interno di percezione e cognizione.
Nel più antico periodo vedico, non si ha traccia evidente di un interesse verso l’analisi psicosomatica o verso il funzionamento degli organi di senso , e ancor meno ci si preoccupava della relazione fra questi e ciò che veniva definito manas, lo spirito individuale. D’altra parte, alcuni dei primi veggenti vedici, formulando il concetto di vāc come magico veicolo del pensiero e del linguaggio, involontariamente prepararono le basi per il successivo esame del rapporto di pensiero, linguaggio e mente con lo spirito umano. Lo ŚBr (III.2.4, 11) afferma al proposito: “Poiché, invero, questo nostro linguaggio (vāc) è sostenuto dalla mente (manas), in quanto la Mente precede il Linguaggio (e lo stimola) … Non fosse per la Mente, il Linguaggio non avrebbe alcuna coerenza” .
Le upaniṣad tentarono di definire la mente, ma senza gran successo, soprattutto per la loro eccessiva elaborazione e per associazioni di idee che, pur ricollegandosi, necessitavano di analisi distinte.
Tutto ciò, insieme all’uso di analogie e metafore di dubbia consistenza , ha provocato una certa confusione, come si può rilevare nel brano I.5, 3-7 della bṛhad-ār. up. , ove, dopo aver indicato l’udito e la vista come funzioni mentali , si riuniscono linguaggio, mente e respiro in una triplice entità, e li si identifica, poi, ai tre mondi, ai tre veda, ecc. Nelle upaniṣad più tarde, comunque, si delinea un più chiaro ritratto della mente, e nella Kaṭha (6.6-7) si afferma esplicitamente come i sensi (indriya) occupino una posizione inferiore a quella della mente, allo stesso modo in cui la pura essenza ne occupa una superiore. Anche la Maitri (6.30) stabilisce il rapporto fra mente e sensi, identificando, però, questi ultimi con l’essenza individuale, in contrasto con il concetto individuale o soggettivo di ātman. Si condanna, così, come insidia e delusione ogni idea di ‘Questo sono Io’ e ‘Questo è mio’, e si afferma che solo comprendendo il carattere fittizio e illusorio di tali concezioni si potrà ottenere la liberazione (mokṣa).
Nei successivi sistemi pseudo-filosofici (darśana) hindu, la mente viene indicata come un particolare organo di senso, distinto dai cinque sensi ordinari e posto come ‘una sorta di insenatura del pensiero all’interno dell’animo pur distinto da quest’ultimo . Ma, innanzitutto, la mente è un mezzo che può facilitare la liberazione dell’individuo dai legami di avidyā e māyā.