ardhanārīśa

Published: Jun 12, 2022 by devadatta

Due inaspettati graditissimi ospiti nel mio nilaya ( = sm. dimora):

śiva e parvatī nella forma ardhanārīśa o ardhanārīśvara ( sm. śiva nella sua forma metà uomo e metà donna) in una mūrti di 1,1 m in puro ottone (mūrti = sf. forma, manifestazione formale, qualsiasi immagine del Divino in un tempio o in un luogo di adorazione).

ardha, agg. mezzo, che forma la metà di qualcosa (RV)

nārī, sf. donna, moglie

īśa o īśvara, sm. marito, essere supremo.

È straordinaria la fusione del femminile parvatī e del maschile śiva in una sola mūrti.

Rappresenta l’unione del puruṣa (=sm. principio maschile, polo principio positivo) e di prakṛti(=principio femminile, natura sostanziale). Il puruṣa provoca, con la sua sola presenza le attività della prakṛti che manifesta il mondo, dṛśya, l’esistenza come la percepiamo.

ardhanārīśa si erge su di plinto a forma di un loto capovolto.

I capelli intrecciati e annodati volano al vento e trasmettono l’energia della danza tāṇḍava.

oṃ kapardine namaḥ, omaggi a śiva dal capelli intrecciati e annodati; kapardin, agg. che porta i capelli annodati e intrecciati

Dall’altra parte, il linguaggio del corpo di parvatī è fermo e raccolto, come deve essere nella danza lāsya propria a parvatī.

Questa mūrti di ardhanārīśa rappresenta quindi anche l’unione delle due danze tāṇḍava e lāsya.

Una mano di śiva è in posizione abhaya-mudrā, gesto che dissipa la paura e che rassicura in quanto rappresenta una futura protezione (abhaya = agg. senza paura; mudrā = sf. sigillo, marchio, gesto simbolico, lignuaggio gestuale degli dèi).

L’altra mano porta un attributo, śaṅkha,la conchiglia. È un’arma. Gli asura sono atterriti dal suo suono. La conchiglia è posta tra l’indice e il medio in posizione kartarī ( sf. forbici) hasta (sm. mano), posizione per reggere gli attributi.

In testa, il copricapo nobiliare degli dèi: il kirīṭa (sn. diadema, ornamento usato come corona) makuṭa (sn. cresta)

Sempre sul kirīta makuṭa si notano candra, la luna nel suo ekādaśī (nell’undicesimo giorno dopo la luna piena/nuova) e il fiume gaṅgā (i fiumi sono sempre divinità femminili)

ardhanārīśa

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van- , vb. cl. 1, piacere, amare, sperare, desiderare; ottenere, acquisire; conquistare, vincere;

liṅgam
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“Generalmente la centralità nei templi dedicati al Dio spetta al liṅga. Esiste una molteplicità di liṅga. Rappresentazione della potenza allo stato puro prima e nonostante la manifestazione, il liṅga è l’emblema per eccellenza di śiva, esso rappresenta parzialmente l’energia sessuale e la procreazione, ma è soprattutto potenza distruttrice: se il liṅga, a causa di una maledizione, si stacca dal corpo di śiva e cade a terra l’universo si spegne o comincia bruciare ogni cosa, finché non viene posta nella yoni di parvatī ove la sua forza distruttrice si placa; la yoni rappresenta la base su cui il liṅga è istallato, simbolo della śakti con la quale il Dio è perennemente unito. Nei pancamukha-liṅga (liṅga con cinque volti) ci sono in realtà quattro volti, il quinto è il liṅga come forma trascendente di śiva. Nei sancta sanctorum dei templi i la mūrti che si incontra più frequentemente non è una vera e propria mūrti, bensì il liṅga che prima di essere un oggetto concreto di culto è il segno di una Realtà sottile che permea tutte le cose: “il liṅga è nel fuoco per coloro che si dedicano ai riti, nell’acqua, nel cielo, nel sole per gli uomini saggi, nel legno e in altri materiali solo per gli sciocchi; ma per gli yogin è nel proprio cuore. (īśvara-gītā, Il Canto del Signore [śiva]). Gli śivaliṅga sono infiniti, dice lo śiva-purāṇa, e l’intero universo è fatto di liṅga giacché tutto è forma di śiva e null’altro esiste realmente; il liṅga in altre parole è il brahman (īśvra-gītā 10, 1 e 3).”