Published: Nov 3, 2022 by devadatta
√van- , vb. cl. 1, piacere, amare, sperare, desiderare; ottenere, acquisire; conquistare, vincere;
van-, sn. legno o contenitore di legno; amore, adorazione
vana-, sn. foresta, bosco (RV); legname, moltitudine, abbondanza
vanā, sf. pezzetto di legno usato per appiccare il fuoco (RV)
vanaprastha, sm. sn. foresta situata su una terra elevata o pianeggiante; agg. che si ritira nella foresta, che vive la vita dell’anacoreta.
vāna, agg. relativo a un bosco o a una dimora nel bosco; sn. fitto bosco, foresta
vānaprastha, sm. brahmano giunto al terzo stadio della sua vita (i.e. che ha passato gli stadi di studente e di padrone di casa, e ha abbandonato la sua famiglia per una vita ascetica nei boschi), eremita, anacoreta
prastha, agg. che va in marcia, che va in viaggio, che va verso, che si ferma in;
√pras- ? vb. cl.1, estendere, diffondere; prolungare la giovinezza
Letteralmemnte quindi vānaprastha è colui che si mette in viaggio verso (prastha) la foresta (vāna) o che si ferma (prastha) nella foresta (vāna)
Il sistema degli āśrama in base ai quale gli uomini erano divisi in quattro gruppi di età (brahmacārin, gṛhastha, vānaprastha, saṃnyāsin) non si trova nei primi testi vedici.
Ciononostante Jamison e Witzel distinguono nei veda diverse tappe:
(1) l’infanzia, fino a 7 o 8 anni, fondamentalmente una vita al di fuori della “società rituale” dei due volte nati, gli ārya;
(2) un periodo di studio, che inizia con l’iniziazione (upanayana) e termina con il bagno finale trasformando il brahmacārin in uno snātaka al quale l’insegnante dà consigli finali sul comportamento corretto (Witzel 1979a-80a); questo è intervallato da periodi di vagabondaggio per il paese in associazioni di giovani uomini (vrātya = mendicante, vagabondo);
(3) la fase del capofamiglia (gṛhastha) dopo il matrimonio, che termina in un momento indefinito quando il padre cede il suo potere e la sua proprietà ai suoi figli (vedi W. Rau 1957: 43 sgg., Sprockhoff 1979).
Tuttavia, la vita in ritiro non è ancora definita, come in seguito, vānaprastha, semplicemente perché i vecchi genitori non vivono nella foresta (vana, vedi Sprockhoff 1980, 1984) vicino al villaggio ma continuano a stare con la loro famiglia allargata, in un antigṛha (RV 10.95.4).
sā́ vásu dádhatī śváśurāya váya úṣo yádi váṣṭyántigṛhāt ǀ
sā ǀ vasu ǀ dadhatī ǀ śvaśurāya ǀ vayaḥ ǀ uṣaḥ ǀ yadi ǀ vaṣṭi ǀ antigṛhāt ǀ
Essa (sā), che recava (dadhatī) al suocero (śvaśurāya) ricchezza e vigore (vayaḥ) dalla casa (vasu) di fronte (antigṛhāt) (trad. di Saverio Sani, ṛgveda, Marsilio, p. 243 )
[uṣaḥ, yadi e vaṣṭi fanno parte del verso successivo]
I concetti di vānaprastha e sannyāsin si svilupparono solo quando uomini, come Yājñavalkya, iniziarono a lasciare le loro case per diventare senzatetto (pravrājika, vedi Sprockhoff 1979, 1981, 1984, 1987). È dettagliato in un rituale trovato nel Kaha Śruti Up e in un’appendice al Mānava ŚrS (Sprockhoff 1987). Il quarto āśrama, quello dei Sannyāsin, è di data ancora successiva (Sprockhoff 1976, 1979, Olivelle 1976-77). Cfr. inoltre, Winternitz 1926, Eggers 1929, Skurzak 1948, Olivelle 1974.