sanscrito vedico

Premessa


PREMESSA

La presente grammatica si propone di descrivere lo stato della lingua attestata dai “mantra” dei Veda, cioè da quell’insieme di formule arcaiche che sono state raggruppate per costituire la Saṃhitā, e che rappresentano lo strato più antico della letteratura vedica.

Questa lingua è stata oggetto di più di una descrizione; ma, in generale, l’esposizione è mescolata con quella del sanscrito successivo (vedico o non vedico), o è fatta dal punto di vista della grammatica comparativa. Qui ci siamo limitati al punto di vista statico, non affrontando alcun problema preistorico e non ammettendo alcun altro elemento di storia se non quello suggerito dall’evoluzione interna dei mantra. Questo stato della lingua merita certamente di essere descritto a sé stante, non come una prova linguistica o come parte di un insieme più ampio.

Il numero di pagine a nostra disposizione non ci permetteva di fare enumerazioni massicce di forme, come quelle presenti in molti dei nostri predecessori. Abbiamo invece voluto sottolineare le singolarità. La natura della documentazione e le tendenze dello stile vedico sono tali che la tradizione dei mantra appare, per lo più, come un repertorio di “anomalie”, di tentativi grammaticali e stilistici. Sarebbe infedele dare un’immagine facile e lineare di questo insieme.

Il nostro lavoro si basa, va da sé, tanto sulle opere moderne quanto sulle fonti stesse. In primo luogo, si basa sul lavoro di Wackernagel, di cui abbiamo seguito da vicino i lavori sulla composizione nominale e sulla flessione nominale nel campo qui studiato, e chiunque si sia occupato di questi problemi sa fino a che punto il pensiero del grande linguista debba dominare ogni nuovo approccio alla materia. È un’inevitabilità degli studi vedici che la fine della traduzione di Geldner non sia ancora apparsa, così come la continuazione dell’Altindische Grammatik, nonostante l’ammirevole zelo con cui M. Debrunner ha preparato due nuovi volumi per la pubblicazione.

Nonostante l’immensa mole di lavoro svolta in più di un secolo, non disponiamo ancora di una documentazione affidabile di tutte le forme vediche, né di un’edizione dei Veda in un testo restaurato dal punto di vista critico e metrico.

Le abbreviazioni sono quelle comunemente usate (vedi sotto per le principali). Le parole del Ṛgveda sono citate senza alcuna menzione particolare del testo; anche i riferimenti numerici senza nome del testo si riferiscono al Ṛgveda. Inoltre, questi riferimenti non sono frequenti, poiché i lessici abituali permettono sempre di trovare facilmente le forme che citiamo e di localizzarle esattamente, se necessario, nell’opera a cui appartengono.









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