paśupati

śrī rudram

Published: Mar 12, 2024 by devadatta

kāraṇaṃ kāryamutpādya kāryatāmiva gacchati iti vārtikakārokteśca ।

Il commentatore (kāra) della Vārtika (vārtika) afferma che (ukteḥ iti), la causa (kāraṇaṃ) dopo aver prodotto (utpādya) l’effetto (kāryam) diventa come se fosse (iva) l’effetto (kāryatām).

Questa frase è un commento di Upaniṣad Brahmayogin, che cita un altro commentatore, all’ultima parte del secondo ṛk del secondo anuvāka dello śrī rudram che recita “paśūnāṃ pataye namaḥ”.

Il significato letterale di questo verso è “omaggio al signore degli animali”, riconoscendo Rudra come il protettore e il signore di tutte le creature viventi, chiamate paśu, che effettivamente significa letteralmente “animale” ma può essere esteso a includere tutti gli esseri viventi, i jīva, sotto la custodia di Rudra, come suggerriscono tutti i commentatori vedi: »

Questo commento è una riflessione sulle relazioni tra il divino e il mondo manifesto. Potrebbe essere interpretato come il riconoscimento che Rudra, sebbene sia la causa primaria di tutti gli esseri viventi (paśu/jīva), si manifesta anche come parte del suo stesso creato, partecipando direttamente al ciclo della vita.

In questo modo, Rudra non è solo l’origine ma diventa anche l’identità immanente all’interno della creazione.

Questa dualità di Rudra, essere sia il creatore (kāraṇa) che parte della creazione (kāryam), è un esempio della visione non dualistica, dove il divino è visto non solo come l’artefice dell’universo ma anche come il tessuto fondamentale dell’esistenza stessa.

L’atto di onorare Rudra è quindi un riconoscimento della sacralità di ogni forma di vita e della presenza del divino in essa.

L’idea che la causa diventi l’effetto rimanda anche al concetto di līlā, o il gioco divino, dove il supremo partecipa al mondo fenomenico non per necessità, ma per un atto di libera espressione, gioia e divertimento.

In tal modo, l’intera creazione può essere vista come una manifestazione del divino gioco di Rudra, un campo dinamico dove il creatore “sperimenta” sé stesso in infinite forme e modalità.

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