agni ṛgveda 1, 98



Agni, il dio del fuoco il cui nome significa anche fuoco stesso, è il dio messaggero, mediatore tra l’umanità e gli altri dei.
Tradizionalmente compare per primo nel pantheon ṛgvedico: agníṃ dūtám puró dadhe ‘Pongo Agni l’ambasciatore alla guida’ (VIII, 44, 3), e agním īḷe puróhitam ‘Lodo Agni, che è posto per primo’, la linea d’apertura del ṛgveda (I, 1, 1).
La parola agní è affine al latino ignis, da cui derivano le parole inglesi ignite e igneous.
Agni rappresenta il fuoco in tutte le sue forme e in questo poema è invocato come il fuoco universale del cielo, che all’alba segnala l’avvicinarsi del giorno e il rinnovamento della vita, rappresentato anch’esso da Agni: “il fuoco è entrato in tutte le piante” (verso 2).

Lettura e Analisi Testuale
Questo breve poema, I, 98 (98), proviene dal primo libro del ṛgveda.
La metrica è il triṣṭubh, versi di quattro righe di undici sillabe ciascuno, che è la metrica più comune nel Rigveda.
Il poema si conclude con un ritornello: diciannove delle poesie del Libro I terminano con gli stessi due versi.

Caratteristica dello stile del ṛgveda è anche la ripetizione di sás ‘egli’ nell’ultimo verso della seconda strofa, letteralmente ‘Egli di giorno, egli può proteggere dal male di notte’.

In una lingua fortemente flessiva, la forma nominativa del pronome è raramente richiesta dalla grammatica, ma qui viene ripetuta sia per sottolineare l’importanza di Agni sia per dare simmetria al verso.

In questa prima lezione si notano i frequenti parallelismi con le lingue indoeuropee più familiari (inglese, latino e greco).

Questa introduzione è tratta dalla lezione di Jonathan Slocum dell’Università del Texas a Austin.

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