śrī rudram

rudra namakam anuvāka 2 - ṛk 5



namo harikeśāyopavītine puṣṭānām pataye namo |
| namaḥ | harikeśāyaḥ | upavītine | puṣṭānām | pataye | namaḥ |

Omaggio (namaḥ) a [Colui] che ha i capelli chiari (harikeśāyaḥ),a [Colui] che indossa il filo sacro (upavītine), al Signore (pataye) di coloro che sono ben nutriti (puṣṭānām), omaggio (namaḥ) |
Omaggio a Colui che ha i capelli chiari e che indossa il filo sacro, Signore di coloro che sono ben nutriti. 

traduzione di Rajagopala Aiyar Omaggio a Colui che ha sempre i capelli neri, che porta il sacro filo; a Lui, il Signore di coloro che sono ben nutriti (sleek=florido, dall'aspetto sano), omaggio.

esplorando i commentari
1. sāyaṇācāryabhāṣyam
harikeśāya nīlamūrdhajāya palitarahitāya ।
upavītine maṅgalārthaṃ yajñopavītadhāriṇe rudrāya namo 'stu ।
puṣṭānāṃ paripūrṇaguṇānāṃ puruṣāṇāṃ pataye svāmine namo 'stu ।

A Harikeśāya (Śiva, dall'acconciatura chiara), dal capo che non invecchia (nīlamūrdhajāya), privo di capelli grigi (palitarahitāya),
[che indossa] il sacro filo (upavītine) per il bene auspicato (maṅgalārthaṃ).
A colui che porta (dhāriṇe) il filo (upavīta) del sacrificio rituale (yajña), omaggio a Rudra (Rudrāya).
Per gli esseri ben nutriti (puṣṭānāṃ), pieni (paripūrṇa) di attributi (guṇānāṃ),
al Signore (pataye) degli uomini (puruṣāṇāṃ), omaggio a te (namo astu), o Swāmin (svāmine).


2. Bhaṭṭabāksara
bhaṭṭa-bhāskara interpreta "puṣṭi" come nutrimenti di cui esistono dieci tipi.
daśa puṣṭayaḥ santi ।
vākpuṣṭirjñānapuṣṭiḥ śarīrendriyapuṣṭirgṛhakṣetrapuṣṭirdhanadhānyapuṣṭiḥ prajāpuṣṭiḥ paśupuṣṭirgrāmapuṣṭirdharmpuṣṭiraṇimādipuṣṭiriti ।
teṣām pālayitre namaḥ ।

Ci sono (santi) dieci (daśa) nutrimenti (puṣṭayaḥ):
vākpuṣṭiḥ: nutrimento della parola o del linguaggio,
jñānapuṣṭiḥ: nutrimento della conoscenza,
śarīrendriyapuṣṭiḥ: nutrimento dei sensi e del corpo,
gṛhakṣetrapuṣṭiḥ: nutrimento della casa e del terreno,
dhanadhānyapuṣṭiḥ: nutrimento della ricchezza e dei cereali,
prajāpuṣṭiḥ: nutrimento della progenie,
paśupuṣṭiḥ: nutrimento degli animali domestici,
grāmapuṣṭiḥ: nutrimento del villaggio,
dharmpuṣṭiḥ: nutrimento della giustizia o dell'ordine sociale,
ṛṇimādipuṣṭiḥ: nutrimento del debito e altri simili,
Omaggio (namaḥ) a colui che li protegge (teṣām pālayitre).


3. Rajagopala Aiyar
Il precedente yajus menzionava la connessione tra Rudra e il dharma; questo afferma come Egli sia un esempio seguendo le pratiche śāstriche.
harikeśāya: Il tempo e l'età non toccano Rudra; Egli è l'eterna giovinezza; i suoi capelli non diventano grigi ma rimangono sempre scuri. Manu afferma che la vecchiaia e la morte hanno paura di toccare le persone che eseguono regolarmente i loro doveri śāstrici. Bhīṣma e Droṇa ne sono esempi tra gli uomini.
upavītīne: Un brāhmaṇa, relativo all'indossare del sacro filo, racconta la storia di come gli dèi sconfissero gli asura indossando il filo e conclude "Pertanto si dovrebbe eseguire il sacrificio e altri riti indossando il sacro filo".
Un inno del sāmaveda dice: "Tu sei il brāhmaṇa tra gli dèi, io tra gli uomini; solo un brāhmaṇa cerca un brāhmaṇa; quindi ti solleciterò".
puṣṭānāṃ pathaye: il Signore di coloro che sono ben nutriti (sleek). Qui la floridezza (sleekness) non è del corpo. Bhāskara dice che puṣṭi è di dieci tipi - pienezza di parola, jñāna o conoscenza, corpo e sensi, case, campi e proprietà terriere, cereali e grani, figli, bestiame, villaggio, dharma, e le otto siddhi di aṇimādhi. Rudra le possiede tutte e le conferisce a uomini e dèi.
Sāyaṇa: persone piene di eccellenti qualità. Solo la pienezza spirituale conferisce agilità di corpo e mente. Un passaggio nel bhāgavatam, skanda 11, adhyāya 7, illustra questo:

kuto buddhir iyaṁ brahmann akartuḥ su-viśāradā |
yām āsādya bhavāl lokaṁ vidvāṁś carati bāla-vat || 26
prāyo dharmārtha-kāmeṣu vivitsāyāṁ ca mānavāḥ |
hetunaiva samīhanta āyuṣo yaśasaḥ śriyaḥ || 27
tvaṁ tu kalpaḥ kavir dakṣaḥ su-bhago ’mṛta-bhāṣaṇaḥ |
na kartā nehase kiñcij jaḍonmatta-piśāca-vat || 28
janeṣu dahyamāneṣu kāma-lobha-davāgninā |
na tapyase ’gninā mukto gaṅgāmbhaḥ-stha iva dvipaḥ || 29


"Brahmano! Da dove hai ottenuto questa visione acuta, che, pur restando inattivo, ti consente di vagare per il mondo come un ragazzo, comprendendolo pienamente? Generalmente, gli uomini cercano di ottenere dharma, ricchezza e amore. Stimolati da questi, si sforzano per una lunga vita, fama e prosperità. Tu sei forte, saggio, abile, favorito dalla sorte, un oratore di parole dolci. Ma non lavori, né desideri nulla, come uno che è ottuso, un pazzo o un indemoniato. Mentre il mondo brucia per i fuochi dell'amore e dell'avidità, tu sei libero da essi e appari non influenzato, come un maestoso elefante nelle fresche acque del Gange." Dattatreya possedeva questa puṣṭi.

Note del curatore:
  1. harikeśāya: Per quanto riguarda harikeśa, fonti come Sani, Monier Williams e il Petersburger (Böhtlingk and Roth) concordano nel definirlo come "dai capelli biondi" (Sani), o "dai capelli chiari, Sole, Savitar" (Böhtlingk and Roth). Credo che Aiyar con "che ha sempre i capelli neri", intendeva sottolineare come "tempo e età non intaccano Rudra", indicando che il colore dei suoi capelli non cambia con l'età, siano essi neri, castani, biondi, rossi. Ma nel caso di Rudra, sono chiari.
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  2. Ho tradotto "sleek" seguendo il significato di puṣṭa- e non puṣṭi-, come indicato forse erroneamente da Aiyar. puṣṭānām è il genitivo plurale di puṣṭa-. Il genitivo pl. di puṣṭi- sarebbe invece puṣṭīnām.
    "sleek" è un termine polisemantico. Può significare "persona di bell'aspetto, elegante, ben curato, florido, dall'aspetto sano ...". "Florido e dall'aspetto sano si avvicina meglio a puṣṭa- e alle persone ben nutrite".
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  3. Il termine aṇimādhi non è una parola standalone nel sanscrito, ma piuttosto una forma contratta che si riferisce all'insieme delle otto siddhi (poteri soprannaturali), iniziando da aṇimā e concludendo con vasiṭva, come menzionato precedentemente. Questa contrazione è utilizzata per indicare collettivamente queste otto siddhi senza elencarle tutte ogni volta. Il suffisso -ādhi suggerisce "iniziando da" o "et cetera", implicando che ci sia una lista di elementi che inizia con l'elemento specificato prima del suffisso.
    Quindi, aṇimādhi significa letteralmente "iniziando da aṇimā.
    Le otto siddhi di aṇimādhi, note anche come aṣṭa siddhi, sono poteri soprannaturali o capacità perfezionate. Queste siddhi sono considerate realizzazioni che possono essere ottenute attraverso pratiche spirituali intense, meditazione e devozione.
    Le otto siddhi principali sono:
    aṇimā: La capacità di diventare minuscoli, fino al punto di diventare atomici, permettendo al praticante di penetrare qualsiasi barriera materiale. (aṇimā deriva dalla radice aṇu, che significa "atomo" o "minuscolo", e il suffisso -mā indica possesso o capacità, quindi aṇimā può essere tradotto come "la capacità di essere minuscolo".)
    mahimā: L'abilità di espandere il proprio corpo fino a dimensioni illimitate, ottenendo una grandezza immensa.
    laghimā: La capacità di rendere il proprio corpo leggero, fino al punto di poter camminare sull'acqua o volare nell'aria.
    prāpti: La capacità di acquisire qualsiasi cosa desiderata, di raggiungere o recuperare qualcosa a distanza. prākāmya: Il potere di realizzare qualunque desiderio, di trasformare la realtà secondo la propria volontà.
    vasiṣṭha: La capacità di controllare le forze naturali e gli esseri viventi, compresi gli dèi.
    iṣiṭva: Il potere di dominio e supremazia assoluta sull'universo, conferendo autorità divina.
    vasiṭva: La capacità di soggiogare tutti gli esseri alla propria volontà, di essere irresistibili e di influenzare gli altri incondizionatamente.
    Queste siddhi rappresentano l'apice delle realizzazioni spirituali nell'induismo e nello yoga, segnalando un avanzamento significativo nel percorso spirituale di un individuo. Tuttavia, si avverte spesso che il desiderio attivo di acquisire tali poteri può costituire un ostacolo alla realizzazione spirituale ultima, in quanto può alimentare l'attaccamento e l'ego.
    Lo scopo più elevato della pratica spirituale non dovrebbe essere l'acquisizione di poteri soprannaturali, ma piuttosto la liberazione (mokṣa) e la realizzazione del Sé (ātman) o unione con il Divino (Brahman).
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La recitazione è dei Challakere Brothers.
Su www.saiveda.net il tutorial per la recitazione: tutorial

namaḥ, nom. sg. di namas-, saluto reverenziale, omaggio;

  • namas-, sn. nom., inchino, riverenza, omaggio, adorazione (con atti o parole), adorazione, rispettosa obbedienza; inchino, l’inchino a mani giunte dedicando, con l’unione delle dieci dita, i dieci sensi alla divinità. È il simbolo esteriore dell’abbandono interiore.
  • √nam-, vb. cl. 1 P., curvare, piegare, cedere a, sottomettersi o piegarsi; dare, concedere, donare; arrendersi, sottomettersi

harikeśāyaḥ, agg. m., dat. , sg. di harikeśa-, a Colui che ha i capelli biondi (o verdi)

  • Per il dizionario Sani harikeśa-, agg. biondo (RV; MBh). Per il Petersburger, “dai capelli chiari, il Sole, Savitar”. Letteralmente significa “i capelli di hari” e hari- come aggettivo significa “marrone intenso, marrone rossiccio, bruno fulvo (RV)”;
  • keśa-, sm. capello, criniera
  • cfr. NA. 2.2

upavītine-, agg. dat. sg. m. di upavītin-, a Colui che indossa il sacro filo nella maniera usuale

  • upavītin-, agg. che indossa il sacro filo nella maniera usuale (VS: KātyŚr).
  • upavīta-, agg. investito del sacro filo: sn. 1. l’essere investito del sacro filo;
  • upavye- vb. cl. 1, porre su qualcuno il sacro filo.
  • upa-, il prefisso upa- assume un significato che implica un’azione di avvicinamento o un aspetto supplementare all’atto principale indicato dalla radice. Il prefisso upa- non cambia radicalmente il significato della radice vye-, ma piuttosto lo specifica o lo completa, aggiungendo un senso di intenzionalità o di consapevolezza nell’azione di avvolgere o indossare. In upavītine, il prefisso upa- funziona per arricchire il significato della radice vye-, conferendo una dimensione di specificità, intenzionalità e sacralità all’azione di avvolgere o indossare, in particolare in un contesto rituale o spirituale.
  • vye-, vb. cl. 1, coprire, vestire, avvolgere, avviluppare (RV; TS;TBr).
  • Nel contesto della tradizione indù, la cerimonia upanayana rappresenta un momento cruciale: il guru, figura spirituale e guida, adorna il suo discepolo con l’upavīta, un cordone sacro tipico della tradizione brahmanica. Questo evento, che di solito si svolge intorno ai 7 anni di età, segna l’avvio del percorso educativo del discepolo. Durante questa pratica rituale, il discepolo viene considerato simbolicamente rinato, divenendo un dvija. Questa rinascita spirituale, un elemento fondamentale dell’induismo tradizionale, è un privilegio riservato ai membri dei tre ordini superiori della società indù: i brāhmaṇa, gli kṣatriya e i vaiśya.

puṣṭānām, part. ind., gen. pl. m., di coloro che sono ben nutriti

  • puṣṭa-, agg. nutrito, curato teneramente, ben nutrito, che prospera, forte, grasso, pieno, completo, perfetto, abbondante, ricco, grande, ampio (MBh);

  • √ puṣ-, vb. cl. 1, essere nutrito (str.), crescere rigoglioso, fiorire, prosperare;

  • Questa forma identifica la divinità come protettrice o sovrana di coloro che sono in uno stato di benessere o prosperità.

pataye, sm. dat. sg. di pati-, proprietario, possessore, signore, sovrano (RV);

namaḥ, nom. sg. di namas-, saluto reverenziale, ripetizione per enfasi e rispetto

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